“ A noi piaceva andare in montagna. Per spiegare cosa si prova bisognerebbe forse essere pittori, per dipingere non solo quello che vedi ma anche quello che senti. Noi alpinisti abbiamo il male che sentiamo le cose e non sappiamo esprimerle. Quindi, non è possibile dire cosa si sente nell’andare in montagna. Alla gente chiediamo solo di immaginare. C’è tutta una serie di piccole soddisfazioni che possono essere quelle di vedere uno scorcio di montagna che non si è mai visto, il colore della parete.
E poi vuoi sempre arrivare in cima, per vedere”
(Rocco Belingheri, alpinista di Colere)
Per chi vive qui è l’orizzonte. Presenza costante, specchio del tempo, imponente e dolce, mai uguale a se stessa ma incantevole dovunque la si guardi. Chiamata la Regina. Forse, semplicemente, casa.
Una variante naturale del gotico fiorito, fra guglie e pinnacoli dolomitici. Raggiungibile da Schilpario e da Azzone. Ai suoi piedi veglia una sfinge, la Corna Busa.
Sulla dolcissima conca dei Campelli si staglia questa torre dolomitica che rappresenta una delle cime più eleganti del territorio al confine fra la Val di Scalve e la Valle Camonica. Fra le vie di arrampicata, anche quella tracciata da Riccardo Cassin.
È la cima più alta della Valle di Scalve. Custode fino ad alcuni anni fa del ghiacciaio più grande della bergamasca, il Trobio, teatro di una leggendaria gara di sci che vide trionfare per due volte il grande Zeno Colò.
Poste al crocevia delle valli del Gleno, del Tino e del Vò, le due montagne si impongono alla vista proprio nel cuore della Valle di Scalve.