Un cammino è un racconto, un testo. I passi percorrono i sentieri come l’occhio avanza fra le righe, di parola in parola. E a ogni passo è il mondo che si apre, si rivela. Il libro della Valle di Scalve e – parzialmente – della Valle Camonica non fa eccezione. Troverete le tracce sorprendenti di secoli di storia e di storie, disseminate fra i dipinti delle chiese, le gallerie delle miniere, i cortili delle case. Scoprirete con stupore che fra queste montagne nacque il Cardinale Angelo Maj, filologo al quale Leopardi dedicò una delle sue canzoni civili. O lo straordinario scultore Giovanni Giuseppe Piccini. Che maestri intagliatori vennero dal comasco per edificare il campanile più grande fra queste vallate, a Vilminore. E poi le arti del vivere quotidiano, l’estrazione del ferro, la cura del bosco, la coltivazione della terra, la lavorazione del latte. Non ci resta che augurarvi buon viaggio… buona lettura!
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La Via Decia annoda in sé la bellezza della natura e i percorsi della memoria. La chiesetta di Corna ricorda oggi le vittime del disastro del Gleno.
Superato il ponte sul Dezzo, ecco gli scheletri della ex area siderurgica di Darfo. Legata a doppio filo (letteralmente) alle miniere della Val di Scalve.
Fu costruito a partire dalla prima metà del Cinquecento questo semplice, elegante santuario, incastonato in un incantevole paesaggio.
La chiesa, edificata alla fine del Seicento, è uno scrigno di preziose opere lignee, alcune delle quali provenienti dalla scuola di Andrea Fantoni.
Un’affascinante dimora storica, risalente nella porzione più antica al Millecinquecento, costruita su uno splendido portico affrescato.
Protetta da una grande nicchia, la fontana, di forma ellittica, dissetava uomini e animali carichi di minerale provenienti dalla Val di Scalve.
Risale ai romani questa via che dai fianchi della Presolana scende in Valle Camonica. Per secoli ha visto transitare il ferro della Valle di Scalve.
Un piccolo gioiello locale affacciato sulla forra della Via Mala, scavata dal fiume Dezzo nella sua discesa verso la Valle Camonica.
La sua costruzione segnò la fine della disputa fra le contrade di Colere. Tra gli artisti che vi lavorarono, anche il Ramus. Ma un parroco…
Edificata nel Quattrocento, oltre che centro di spiritualità divenne motivo di un’aspra contesa che divise per decenni la popolazione locale.
Realizzato a Colere in un ex deposito di minerale, il museo documenta la vita vissuta nelle miniere attive per secoli ai piedi della Presolana.
Giunti a Magnone, come su un bordo, rivolgete un ultimo sguardo a Colere, prima di immergere i vostri passi nei boschi della Val Notte.
Posta in cima al paese, la piccola chiesa custodisce il legame di Teveno con S. Nicola. Fra arte e tradizioni ancora vive, come quella dei panadì.
Di trasformazione in trasformazione, ha custodito fino a oggi opere pregevoli, provenienti in parte da edifici precedenti.
Lasciando Teveno, è possibile raggiungere l’ultima fucina della valle. Custode di un raro esempio di tromba idroeolica di concezione leonardesca.
Costruita nel Seicento, la piccola chiesa di Pezzolo – nonostante un grave furto – conserva sculture lignee di grande pregio, opera del Piccini.
Seppur mutilata da alcuni gravi furti, la chiesa rimane la porta di accesso all’arte di Giò Giuseppe Piccini, nato a Nona e sepolto nel piccolo cimitero.
Doveva essere rimasto incantato dal paesaggio l’eremita che nel Settecento ne fece la sua dimora.
Designo fu il centro abitato più alto della Valle di Scalve, abbandonato durante la peste del Seicento.
Nessun altro luogo di questo cammino concentra in sé, con la stessa intensità, bellezza e tragedia. Un punto inciso per sempre nella memoria collettiva.
Poco sopra Pianezza si trova una piccola volta naturale, dove l’Arciprete Acerbis si ritirava per la preghiera e il digiuno.
Realizzato nell’Ottocento, è uno dei rari esempi ancora funzionanti di orologio a sei ore. Decifrarne i segni e i suoni è un’arte degli abitanti del luogo.
Sulla soglia dell’abitato di Vilminore vi attende questo grazioso oratorio, voluto dal nobile Giò Battista Albrici all’inizio del Seicento.
La cava da cui furono tratte le pietre del campanile di Vilminore, l’edicola dedicata all’Addolorata e l’antica strada verso Meto e Pianezza.
Simbolo della storia millenaria della valle e prezioso testimone dell’autonomia scalvina, il palazzo è oggi sede della Comunità Montana di Scalve.
Insieme con il grande campanile, domina l’intera vallata, rappresentando quello che fu il centro istituzionale della religiosità scalvina.
In luogo dell’attuale tempietto settecentesco sorgeva l’antica pieve. Centro di culto ma anche luogo propulsore della vita civile della valle.
Tredici edicole votive e la cappella finale detta “il Sepolcro” scandiscono l’antica strada pedonale verso Pianezza. Memoria della Via Crucis.
Testimonianza dell’antica arte per la cattura degli uccelli migratori, il roccolo dei Crìcoi offre una splendida vista sul massiccio della Presolana.
… di quando Carlo Magno e il Conte di Brandelegno, signore della Valle Decia, si incontrarono al Dezzo. E del perché la Presolana porta questo nome.
Un grande bosco piramidale, puntellato da formicai giganti e aree carbonili. E in alto uno splendido belvedere, ai piedi della cascata della Manna.
Proseguendo verso Schilpario, si moltiplicano le tracce del tempo in cui l’attività estrattiva garantiva – al prezzo di grandi sforzi – il necessario per vivere.
La produzione di piöde – o ardesie – ha rappresentato una delle attività produttive necessarie alla vita della valle.
Nel bosco del Vò, ecco i resti di una fucina. Poco distante si doveva trovare un forno di torrefazione alimentato con la tecnica del basso – fuoco.
Rimangono incerti la sua origine e l’esatto significato delle sue incisioni. Una pietra ancora oggi carica di fascino e di mistero.
Anche la Val di Scalve vide la creazione di una rete di sentieri e linee di difesa per impedire un’eventuale invasione austro-tedesca.
A pochi passi dalla cascata del Vò, un esempio molto ben conservato di forno utilizzato per la torrefazione del minerale.
Realizzata nel 1915, la teleferica apparteneva al complesso sistema militare fatto di strade e fortificazioni, realizzato in funzione anti-austriaca.
Costruita con il contributo di tutta la comunità e dei migliori artisti locali, contiene il monumento dedicato ad Angelo Maj, celebrato da Leopardi.
Un viaggio nel tempo. La vita quotidiana della gente di Scalve, ricostruita attraverso oggetti, strumenti di lavoro, immagini e testimonianze.
Il primo museo dell’illuminazione mineraria d’Europa. Ideale completamento della visita alle miniere del Parco A. Bonicelli / Miniera Gaffione.
Se avete informazioni riservate da trasmettere o scelte da discutere al riparo da orecchie indiscrete, il luogo adatto è il Ponte del Consiglio.
Un tale, della contrada di Grumello, venne travolto dalla valanga. Così fece un voto…
In luogo della buca oggi visibile nell’abetaia di Schilpario, sorgeva un’osteria, luogo di divertimenti e spensieratezza. Finché il Diavolo…
“Credettero che bastasse ormai venire cantando”. Dove dodici uomini disarmati vennero trucidati dai fascisti la sera del 28 Aprile 1945.
Tutto parla della miniera e della vita dei minatori in questa chiesetta consacrata nel 1946. Da qui lo sguardo abbraccia gran parte della Valle di Scalve.
Uno dei luoghi più suggestivi della Via Decia. La visita alla miniera è un viaggio indimenticabile nel cuore della Valle di Scalve e della sua storia.
Un viaggio nel tempo di milioni di anni, nato dalla passione e dalla cura di un collezionista privato.
La meta di giornata è ormai vicina. Regalatevi dunque il giusto tempo per guardarvi intorno da quassù. Fate incetta di silenzio e bellezza.
Le opere di Fantoni, Piccini, Enrico Albrici. Il meraviglioso pulpito. La chiesa di Azzone sorprende per i suoi tesori. E il campanile che visse due volte.
Una fontana ellittica – diventata monumento ai caduti – e il grande lavatoio sembrano chiamare ancora a raccolta gli abitanti di Azzone.
Collocata un tempo in posizione dominante rispetto al centro abitato, la torre medievale garantiva la vigilanza e la difesa di Azzone.
La vita della Valle di Scalve si è a lungo nutrita dell’incontro fra l’ingegno dell’uomo e la disponibilità delle risorse naturali.
Benvenuti in questo angolo di quiete e devozione millenario. In compagnia dei pellegrini che qui trovavano riparo.
Dove la natura sembra allargarsi all’infinito, un professore ha seminato il bosco di parole.
Terrazzamenti, grotte e fori nella roccia: è quanto rimane di insediamenti che oltrepassano il perimetro della memoria.
Vi passavano i pellegrini diretti a Roma dal Nord Europa. Ma anche le merci di Scalve, al tempo della guerra con i Camuni.
Da sempre i cammini propongono luoghi nei quali sostare e gustare il mistero.
Potremmo scambiarlo per il set di un film. Invece questa cava abbandonata risale almeno al XVII secolo.
A picco sulla forra del Dezzo, il castello Federici fu distrutto nelle contese con Brescia, poi ricostruito e ampliato durante la pax veneta.