Ferriere Voltri

Archeologia del Ferro

Superato il ponte sul Dezzo, si trova sulla sinistra l’area Ex ILVA di Corna, in condizioni di completo abbandono da oltre un ventennio.  Solo la centrale idroelettrica è in funzione; il resto sono scheletri di capannoni e macerie. Cinquantamila metri quadri che potrebbero rinascere, come da tempo chiedono i residenti. L’insediamento industriale nacque intorno alla metà dell’Ottocento, con il potenziamento delle fucine a lato del fiume Dezzo.
Negli anni successivi, l’area fu ampliata, fino a raggiungere le dimensioni finali. La disponibilità di manodopera a basso costo, l’energia ricavata dall’acqua ed il carbone estratto dai monti facilitarono l’insediamento delle fucine prima e degli stabilimenti siderurgici poi, in particolare i forni elettrici trifasi destinati alla produzione di acciaio. Il crollo della diga del Gleno provocò notevoli  danni  alla ferriera e alla centrale posta all’interno dello stabilimento. Fu risparmiato il reparto dei forni elettrici. Sollecitamente intrapresi i lavori di ripristino, già nel 1924 gran parte della produzione poté essere ripresa.
Nel 1938 fu realizzata una teleferica lunga circa 20 Km che consentiva il trasporto del minerale dal passo della Manina, in Valle di Scalve, sino all’impianto di torrefazione di Darfo. Dalla ditta Badoni di Lecco, su commissione  della società S. A. Ferromin furono realizzati i trentasei tralicci della teleferica. La capacità era di  circa 50 tonnellate/ora = 2 autocarri.
L’importazione estera e la produzione nazionale sempre più competitiva diedero il colpo di grazia all’industria camuna. L’impianto passò prima nelle mani del gruppo ITALSIDER, poi della TERNI, con una riduzione significativa della manodopera. L’arrivo di Banzato comportò un ulteriore ridimensionamento fino alla chiusura definitiva dello stabilimento nel 1995.

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