Forse la cascata del Vò non è un punto di interesse come gli altri. Quando la si raggiunge dopo aver attraversato il fitto del bosco, la sensazione è piuttosto quella di essere arrivati al principio di tutto. Dove tutto ha origine, prende vita. O di trovarci di fronte alla vita stessa, al suo perenne fluire, germogliare. Forse perché la cascata, come il torrente che dai suoi piedi prende a correre giù per il bosco, non è qualcosa di immobile, disponibile alla presa dello sguardo. Si dovrebbe dire che la cascata del Vò “è una voce. Dice la vita, la metamorfosi eterna” (Michelet). Un suggerimento: arrivati lì prendetevi il tempo di sostare. Provate a lasciar andare i pensieri, quell’irriducibile preoccupazione di afferrare le cose, di dominarle, di accoglierle solo a condizione che siano a nostra misura. Quel bisogno di riportare sempre tutto – gli altri, gli eventi – sotto le insegne del nostro controllo. Regalatevi invece il tempo impareggiabile dell’ascolto, lasciatevi accarezzare. La cascata del Vò parla della libertà e del dono, dello sbocciare. Invita allo stupore.