La chiesa di Nona, eretta e consacrata parrocchia nel 1614 (come da cartiglio posto sull’entrata meridionale) dal vescovo Giovanni Emo, è un edificio tardo cinquecentesco di semplice struttura. Come quasi tutte le chiese di quel tempo, anche questa è dotata di grazioso portichetto che protegge esternamente l’ingresso principale. Il pronao di facciata ha colonne in pietra originaria del fiume Dezzo; il portale è realizzato in tufo scalvino e sull’architrave si legge la data 1700.
Il portale in noce di accesso alla chiesa è attribuito allo scultore Gio Giuseppe Piccini (1661-1725), nato a Nona e oggi sepolto nel piccolo cimitero accanto alla chiesa. Allievo dell’artista Pietro Ramus, dotò la sua chiesa di bellissime opere.
A destra dell’entrata si trova il suo confessionale in noce intagliato su cui poggiava la statua del “buon pastore”, successivamente rimossa e oggi custodita nell’archivio della parrocchia di Vilminore.
A sinistra, l’altare della Madonna Immacolata, con mensa in legno policromo, con al centro la statua della Madonna: si dice che la scultura sia stata trovata nel laboratorio del Piccini, nascosta sotto i trucioli. Sul lato opposto si trova l’altare della Madonna del Rosario con ai lati le due statue di San Domenico di Guzman e di S. Antonio Abate, intagliate, scolpite e dorate.
La tribuna in legno dorato, con tabernacolo a tempietto ritagliato da Piccini – e che faceva parte dell’altare maggiore, è stata smembrata e collocata su due mensole dirimpetto alla cantoria.
Mancano purtroppo nella chiesa importanti opere lignee trafugate nel 1984 e nel 1991: una grande offesa allo scultore, alla sua opera e al patrimonio artistico del suo paese d’origine.
Una formella di mirabile, minuta esecuzione è quella della “Pace con la deposizione di Cristo dalla croce”, un bassorilievo di cm.11 x 16 che veniva anticamente passato di mano in mano dai fedeli di Nona in segno di pace e che ora è custodita a Vilminore.
Interessante è il cippo funerario di tufo collocato a fianco della ex gradinata di accesso al cimitero con incisa epigrafe in latino: Hic confringes tumentes fluctus tuos MDCIC (versetto della Bibbia tratto dal libro di Giobbe: Qui si infrangerà l’orgoglio delle tue onde – 1699). Frase con intento ammonitorio per ricordare all’uomo la limitatezza del suo essere.